Prestiti a tasso zero, o quasi fino al 25 per cento del fatturato. Da rimborsare in otto anni con la prima rata prevista per il 2021. Il governo prova a mettere a terra nel più breve tempo possibile il decreto che dovrebbe garantire altri 200 miliardi di liquidità alle imprese dopo i 350 miliardi assicurati dal Cura Italia approvato a marzo. Il provvedimento dovrebbe essere approvato domani dal Consiglio dei ministri e stanzierà una decina di miliardi di euro di garanzie pubbliche da prestare alle banche per permettere agli istituti di erogare finanziamenti alle imprese.

 

APPROFONDIMENTI

Il Fondo centrale di garanzia sarà rifinanziato con 5 miliardi di euro. La sua dote salirà così a circa 7 miliardi. A chidere i prestiti potranno essere non soltanto più le piccole imprese, ma anche quelle medio-grandi fino a 500 dipendenti. Ragione per cui il Fondo dovrebbe anche cambiare il nome in «Fondo industria». Anche le garanzie tramite la Cassa depositi e prestiti saranno potenziate. Il compito della società pubblica sarà quello di sostenere le grandi imprese. A questo scopo il fondo di 500 milioni sarà allargato a 5 miliardi.

 

Ma sul provvedimento ci sono dei punti divisivi non ancora risolti. Nonostante la Commissione europea abbia dato il via libera alla possibilità per lo Stato di garantire al 100% i prestiti alle imprese, il Tesoro spingerebbe per fermare la garanzia pubblica al 90%. Sembra una questione marginale e invece è importante. Con una garanzia al 100% non ci sarebbe scrematura delle imprese in base al merito creditizio. Cosa che invece è necessaria con una copertura del 90%. Il ministro dello Sviluppo, Stefano Patuanelli, spinge perché si arrivi al massimo della garanzia anche per accelerare i tempi dei prestiti.

 

Il decreto dovrebbe poi contenere un allargamento della protezione per le imprese strategiche attraverso i golden power, i poteri speciali del governo. Ci dovrebbe essere un allargamento dei settori coperti dalla protezione dello Stato anche alle aziende non quotate in Borsa, a quelle del settore medicale e farmaceutico, alle banche e alla assicurazioni.

 

IL CANTIERE

Nel provvedimento si lavora a inserire anche altri strumenti per assicurare liquidità. Il primo riguarda le partite Iva. Si tratta del potenziamento di una misura introdotta nel decreto di marzo e che prevede un finanziamento immediato fino a 3 mila euro da parte delle banche sempre con garanzia pubblica. La cifra potrebbe salire fino a 25 mila euro. Non è ancora chiaro, invece, se troverà spazio il prestito fino a 10 mila euro proposto dal sottosegretario all'Economia Alessio Villarosa.

 

Il provvedimento conterrà invece un pacchetto fiscale. Ci sarà un nuovo slittamento per il versamento di tasse e contributi simile a quello deciso per il mese di marzo. Lo stop alle scadenze non riguarderebbe solo il mese di aprile ma anche quello di maggio. Ad averne diritto sarebbero tutte le imprese dei settori chiusi dalle ordinanze governative che fatturano fino a 10 milioni di euro. Nel pacchetto dovrebbero entrare anche lo stop ai pignoramenti presso terzi e il blocco degli avvisi bonari da parte dell'Agenzia delle entrate. Così come dovrebbero esserci anche altri slittamenti fiscali, come il pagamento dell'Imu e della Tari di giugno, che potrebbero slittare a novembre.

 

Si tratterà comunque di una facoltà data ai Comuni, non di un obbligo. Spetterà singolarmente ai sindaci il da farsi. Ci sarà, inoltre la sospensione di una serie di termini, come quello per chi ha acquistato una casa con i benefici fiscali obbligandosi a vendere un altro immobile entro un anno. Il termine per la vendita sarà fatto slittare, così come l'obbligo di trasferire la residenza entro 18 mesi data l'impossibilità per molti di portare avanti i cantieri di ristrutturazione degli immobili. Il decreto di domani dovrebbe valere circa 10 miliardi e sarà finanziato senza chiedere al parlamento di fare nuovo deficit. Tra le ipotesi quello di utilizzare i dividendi extra della Banca d'Italia e altri fondi disponibili.

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